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Il mio abitacolo

giovedì 5 aprile 2012

Romanzo di una strage

 


Il film è molto interessante e, nello stile di Giordana, ti tiene incollato per più di due ore alla poltrona senza un istante di noia.

Le due cose che mi hanno lasciata perplessa (perplessità condivisa da Mario Calabresi nell’intervista che ho letto dopo aver visto il film) sono: la figura poco umana del commissario Calabresi e la penultima scena del film, quella in cui il commissario Calabresi sceglie quale cravatta indossare.

Il commissario Luigi Calabresi viene presentato come un uomo integro, ottimo servitore dello stato, ma grigio e piatto ad una sola faccia, come se fosse una fotografia.

A ben pensarci, quasi tutti i personaggi mostrano solo un aspetto. Non sono uomini, sono figurine, didascalie. L’unico ad avere lo spessore dell’uomo è Pinelli.

Per quanto riguarda la scena della cravatta, è strana, ti lascia lì un po’disgustato: come mai proprio alla fine di un film così bello, una scena così cretina? L’unica ipotesi che mi viene in mente è che il regista abbia voluto all’ultimo momento dare una pennellata di colore per animare e rendere un po’ più umano questo grigio e piatto personaggio. Ottenendo, però, solo un effetto vagamente derisorio.

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Tettonica (a zolle) era il mio soprannome all'università, tanti e tanti anni fa. Me lo ero affibbiato da sola (trovavo soprannomi per tutti) ed esprime di me l'aspetto fisico (abbondante ovunque, ma soprattutto nella parte superiore). Ho rispolverato questo nomignolo perché ultimamente è aumentata la mia sensazione di vivere in precario equilibrio, o, se volete, di poggiare su una bomba ad orologeria. Che poi sarebbe il mondo in cui viviamo.