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Il mio abitacolo

giovedì 9 febbraio 2012

Come vincere la depressione da crisi

Ricetta sperimentata personalmente (l'unico difetto è che va fatta ogni giorno e anche più volte al giorno, se no si ricade in depressione): 1)guardare/ascoltare al massimo due notiziari al giorno (incluse nella dose trasmissioni sull'attualità, talk-show ecc). La ragione? Occorre essere informati di quanto accade, ma è necessario difendersi dalla valanga di negatività che tali programmi inoculano in noi. Questo non significa chiudere gli occhi sulla realtà; significa, che cosa voglio che occupi la mia testa, lo decido io. Non rimbambendosi tutto il giorno di notizie negative si combattono anche il cinismo e la distrazione.
2) Pregare con creatività e tenendo presenti gli avvenimenti del vangelo. Questo ha tre risvolti/cause/conseguenze: noi non siamo costretti a valutare la nostra vita a partire dalla situazione economica generale e personale; comunque sia, nel mondo non vincerà il male; noi possiamo contribuire alla vittoria del bene.

I non Karamazov di Brie


Ieri ho assistito alla rappresentazione teatrale "KARAMAZOV", testo e regia CESAR BRIE.
Attori discreti, trovate sceniche e scenografiche, per quanto posso capire io, abbastanza originali, ma sono uscita con una domanda: cosa resta della grandezza e del genio di Dostoevskij (e nel caso specifico del personaggio di  Aleksej  Karamazov) se si elimina la fede?

La vita segreta delle parole di Isabel Coixet. Con Sarah Polley, Tim Robbins. Spagna 2005

Incollo qui la recensione di un certo (bravo) Flake che ho trovato su Mymovies,  di questo film che mi è piaciuto. Credo valga la pena di parlarne, se non altro perché è vero che abbiamo distrattamente cancellato dalla memoria la guerra di Bosnia, come purtroppo cancelliamo, due secondi dopo averle ascoltate, le notizie su quanto sta accadendo in Siria, in Afghanistan ecc.
Ecco cosa dice Flake:
"Le solitudini come piattaforme nel mare. Forse un finale troppo positivo e consolatorio (ma di qualche happy ending abbiamo sempre bisogno per sperare nella vita...). Per gran parte un film avvolgente nella sua distanza e nelle distanze fra i protagonisti. Strepitosa nel suo essere attonita, Sarah Polley sostiene il film e il personaggio come se avesse patito lei quelle dolorose sofferenze. Bravo anche Robbins, la sua cecità acuisce la capacità di leggere nell'anima della sua infermiera. Certe atrocità non sono dimenticate da chi le vive ma, colpevolmente,da chi come noi le guarda in modo distaccato. La sofferenza è un fuoco interiore che non siamo in grado di estinguere da soli."
Di mio, aggiungerei solo una cosa: colonna sonora strepitosa.

mercoledì 8 febbraio 2012

Per la serie: le mie ricette - Muffin alle verdure


Ecco i muffin che ho preparato stamattina in 10 minuti (più 30 di cottura).
Così, poi, il tempo risparmiato l'ho speso per scrivere questo post! Mannaggia, ma sono io o scrivere è così faticoso anche per gli altri???
In una terrina metti 3 misurini (usa un vasetto da yogurt o da ricottina da 100 g come misurino),  di farina, aggiungi 1 bustina di lievito istantaneo per pizze  e focacce e mezzo misurino di parmigiano grattugiato.
In un'altra ciotola mescola 2 uova, un cucchiaino raso scarso di sale e circa il 40% di una confezione di passato di verdura pronto (o vellutata, o crema. Sono quelli in brick, il peso netto della confezione è 500 ml, i più famosi sono quelli della knorr, esistono anche a marca conad ecc).
Aggiungi il liquido al solido mescolando con una frusta.
Aggiusta la consistenza aggiungendo, se necessario, o farina o passato di verdura. Il risultato deve essere una crema densa che si stacchi lentamente dal cucchiaio.
Accendi il forno a 180° e metti il composto nei pirottini da muffin (io ne ho fatti 12, ma se ti avanza impasto, fa' una seconda infornata) riempiendoli per 3/4.
Inforna per mezz'ora circa.

lunedì 6 febbraio 2012

Per la serie: le mie ricette - Panini del caso


Ottimi!
Sbatti 250 g di Philadelphia con 40 g di zucchero. Monta bene. Aggiungi mezza confezione di panna da cucina e continua a montare.
Aggiungi la scorza grattugiata di un’arancia e, poco alla volta, mescolando, il succo della stessa.
Hai ottenuto una crema superdeliziosa! Cerca di resistere (non mangiarla subito) e mettine una parte  in due coppette che mangerai come dessert quando vuoi.
Ora prepara l’impasto per il pane: 1 panetto o una bustina di lievito di birra sciolto in acqua tiepida  con un cucchiaino di zucchero e farina (circa 1 hg). Mescola e aggiungi altri 40 g di zucchero.
Se ti ricordi prima è meglio; se no adesso, lava una manciata di uvetta e mettila a mollo con un po’ di grappa.
Aggiungi all’impasto la crema di Philadelphia che non hai messo nelle due coppette da sbafare con calma come dessert e la mezza confezione di panna che non hai ancora utilizzato.
Impasta aggiungendo poco a poco la farina (circa 4 hg, ma io vado a occhio) fino alla consistenza  giusta. Aggiungi l’uvetta scolata dalla grappa e ancora farina, se necessario. Fai tante pagnottine grandi circa come un uovo, falle lievitare 2 ore dopo aver fatto su ciascuna due tagli a croce. Cuoci a 180° per 251 circa (forno preriscaldato).
Ottimi, morbidissimi, profumati e delicati panini dolci per colazione e merenda.

The Iron Lady

   
 Biograficodurata 105 min. - Gran Bretagna 2011. - Bim uscita venerdì 27 gennaio 2012.

Con il proposito di voler ritrarre una donna tanto potente quanto complessa, The Iron Lady racconta la storia di Margaret Thatcher, ex Primo Ministro britannico che riuscì ad affermarsi in un mondo maschile e maschilista, abbattendo le barriere di discriminazione sessuale e sociale. Il film si apre con una Margaret Thatcher (Meryl Streep) che, ormai ottantenne, decide di sgombrare il guardaroba del marito defunto. Quel gesto scatena in lei un'ondata di ricordi che le crea confusione e senso di disagio, preoccupando lo staff e la figlia Carol.
Fino a qui ho copiato la scheda di Mymovies.
A me il film è piaciuto molto. Bravissima Meryl, eccezionale la coppia Streep-Broadbent: poeticissima, incantevole (mi sono davvero sentita all’interno di qualcosa di magico: il canto segreto fatto di amore, compassione, tenerezza che scorre sotterraneo tra due persone che hanno condiviso tutta la vita amandosi) la scena in cui marito e moglie, già anziani, ballano come quando erano giovani e freschi di innamoramento.
Ho ammirato moltissimo anche Alexandra Roach: merito della regista o invece della bravura delle due attrici? Probabilmente entrambe le cose, ma sembrava davvero di vedere la stessa persona giovane e vecchia.
Non mi ha annoiato, come invece ha fatto il film di Clint Eastwood su J. Edgar Hoover; me lo sono gustato tutto dall’inizio alla fine e, quando è terminato sono uscita a malincuore.

domenica 5 febbraio 2012

Sophie Kinsella “I love shopping a New York” e la parabola dei talenti

Non ho mai aperto un libro della Kinsella perché li consideravo alla stregua dei vecchi Harmony: spazzatura inutile e altamente dannosa per il cervello e per la vita tutta.
In effetti è così.
Però, per combattere la deriva di cui parlo nel post precedente a questo, mi sono aggrappata a lei sapendo che una lettura superleggera poteva farmi riagganciare dalla nave della lettura da cui ero caduta inavvertitamente.
E così è stato. Ho letto  “I love shopping a New York” .
La storia mi ha stupita perché la protagonista, una giovane donna immorale e assolutamente  non realistica come personaggio, alla fine decide di essere se stessa e scegliere la professione per cui veramente desidera spendersi  e questa è anche la risoluzione dei problemi e dei casini che fa per tutta la durata della storia mentendo, facendo cose di cui non le interessa nulla e facendosi trainare come un cagnolino.
Un po’ come la parabola evangelica dei talenti.

Franz Werfel “Cecilia o i vincitori” e “Nella casa della gioia”

Non riesco a capire come io che da giovane ero seria e beneducata (solo dal punto di vista delle letture, per il resto ho sbagliato tutto), mi sia lasciata sfuggire due bellissimi libri di Franz Werfel.
All’epoca, quando ero giovane, cioè fino a circa sette o otto anni fa, ero molto selettiva nelle mie letture , mi disgustava la banalità e la sciatteria di tante cose che vengono pubblicate e spesso hanno un discreto o anche un grande  successo, e leggevo solo cose di un certo valore.
Quando mi imbattevo in qualcosa del genere ne seguivo il filone fino ad esaurirlo, cioè fino ad aver letto tutto ciò che era reperibile di quell’autore le cui storie mi avevano deliziato.
Parlo, citando ad esempio i primi che mi vengono in mente in ordine sparso, di Dostoevskij (che credo sia il mio più grande amore letterario), della Mastrocola (soprattutto “La gallina volante”), Giovannino Guareschi, Tommaso Landolfi, Dickens, e altri.
Di Werfel ho iniziato, circa vent’anni fa, con “Il cielo rubato”, libro che stava già per andare fuori catalogo quando mi fu prestato dalla Cristina e che mi infiammò oltremodo. Così feci incetta delle ultime copie in commercio e le regalai ad amici e parenti (io ritengo che sia una missione, un gesto d’amore,  ed una grande soddisfazione trasmettere agli altri la bellezza quando la si incontra).
Poi, come un segugio mi misi a leggere tutto quello che trovavo di Franz Werfel: “I quaranta giorni del Mussa Dagh”, Una scrittura femminile azzurro pallido”, “Ascoltate la voce”, “Bernadette” (ho citato a memoria i titoli, spero siano corretti).
Mi arenai su altri romanzi che lessi con grande fatica (es: Verdi) o che abbandonai dopo alcune pagine (Barbara) e credetti di avere esaurito l’argomento “Libri di Werfel che posso apprezzare”.
Ora io, negli ultimi anni, invece di diventare più saggia mi sono instupidita, e così mi sono rotolata nella lettura di libri “usa e getta” e il mio livello di lettura ha raggiunto la sua vetta con Alexander Mccall Smith che è sicuramente un autore simpatico e piacevole, molto consigliabile secondo me per la gentilezza e la serenità che trasudano i suoi libri, ma certo non si tratta di opere d’arte eccelse.
Negli ultimi mesi, poi, non riuscivo più a prendere in mano un libro.
La lettura mi annoiava a morte.
Ho provato a rileggere le commedie di Shakespeare, ogni pagina una sudata. Per la prima volta nella mia vita capivo le persone che fanno fatica a leggere. Prima mi sembravano marziani.
Mi sono messa a guardare Rai Premium e tutte le fiction della Rai su internet e, io che ho sempre odiato la tv, ho speso ore e ore della mia vita povera di impegni e solitaria a guardare fiction. Poi, per fortuna, la tv mi annoia e ad un certo punto, smetto.
Sono riuscita a riprendere in mano un libro, leggendo “I love shopping a New York” della Kinsella. E mi è anche piaciuto. Un po’ preoccupata per il fatto di averla apprezzata, mi sono letta altri due libri della Kinsella. Come per le fiction, ha vinto, grazie a Dio, la nausea.
Ecco, non so come, in questa devastazione moral- intellettuale, sono riuscita, pur titubante e scettica, a prendere in mano i romanzi di Werfel “Cecilia o i vincitori” e “Nella casa della gioia”.
E finalmente il ripetersi inaspettato e meraviglioso della bellezza che irrompe nella vita: ammirazione per il genio che ha prodotto con quella scrittura quelle storie e con quella profondità, beatitudine nel  leggere qualcosa di così bello, felicità per essere di nuovo con una certa facilità riuscita a leggere qualcosa di valore.
Ma come mai mi ero fatta scappare questi due Werfel, prima?

In memoria di Eluana

In occasione del terzo anniversario della morte per fame e sete di Eluana Englaro, ripubblico un post che avevo inserito in quei giorni nel mio sito.

domenica 8 febbraio 2009

MILANO - Ci vorrebbe una carezza del Nazareno» dice a un certo punto, e non è per niente una frase buttata lì, nella sua voce non c'è nemmeno un filo dell'ironia che da cinquant'anni rende inconfondibili le sue canzoni. Di fronte a Eluana e a chi è nelle sue condizioni — «persone vive solo in apparenza, ma vive » — Enzo Jannacci, «ateo laico molto imprudente», invoca il Cristo perché lui, come medico, si sente soltanto di alzare le braccia: «Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l'alimentazione a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale». È un discorso che vale anche nei confronti di chi ha trascorso diciassette anni in stato vegetativo? «Sono tanti, lo so, ma valgono per noi, e non sappiamo nulla di come sono vissuti da una persona in coma vigile. Nessuno può entrare nel loro sonno misterioso e dirci cosa sia davvero, perciò non è giusto misurarlo con il tempo dei nostri orologi. Ecco perché vale sempre la pena di aspettare: quando e se sarà il momento, le cellule del paziente moriranno da sole. E poi non dobbiamo dimenticarci che la medicina è una cosa meravigliosa, in grado di fare progressi straordinari e inattesi». Ma una volta che il cervello non reagisce più, l'attesa non rischia di essere inutile? «Piano, piano... inutile? Cervello morto? Si usano queste espressioni troppo alla leggera. Se si trattasse di mio figlio basterebbe un solo battito delle ciglia a farmelo sentire vivo. Non sopporterei l'idea di non potergli più stare accanto». Sono considerazioni di un genitore o di un medico? «Io da medico ragiono esattamente così: la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa. L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque. Decidere di interromperla in un ospedale non è come fare una tracheotomia...». Cosa si sentirebbe di dire a Beppino Englaro? «Bisogna stare molto vicini a questo padre». Non pensa che ci possano essere delle situazioni in cui una persona abbia il diritto di anticipare la propria morte? «Sì, quando il paziente soffre terribilmente e la medicina non riesce più ad alleviare il dolore. Ma anche in quel caso non vorrei mai essere io a dover "staccare una spina": sono un vigliacco e confido nel fatto che ci siano medici più coraggiosi di me». Come affronterebbe un paziente infermo che non ritiene più dignitosa la sua esistenza? «Cercherei di convincerlo che la dignità non dipende dal proprio stato di salute ma sta nel coraggio con cui si affronta il destino. E poi direi alla sua famiglia e ai suoi amici che chi percepisce solitudine intorno a sé si arrende prima. Parlo per esperienza: conosco decide di ragazzi meravigliosi che riescono a vivere, ad amare e a farsi amare anche se devono invecchiare su un letto o una carrozzina». Quarant'anni fa la pensava allo stesso modo? «Alla fine degli anni Sessanta andai a specializzarmi in cardiochirurgia negli Stati Uniti. In reparto mi rimproveravano: "Lei si innamora dei pazienti, li va a trovare troppo di frequente e si interessa di cose che non c'entrano con la terapia: i dottori sono tecnici, per tutto il resto ci sono gli psicologi e i preti". Decisero di mandarmi a lavorare in rianimazione, "così può attaccarsi a loro finché vuole"... ecco, stare dove la vita è ridotta a un filo sottile è traumatico ma può insegnare parecchie cose a un dottore. C'è anche dell'altro, però». Che cosa? «In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l'idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza». (Fabio Cutri, Il corriere della sera del 6/02/09) 

Per la serie: recuperi dalla vecchia rana - Bakhita

lunedì 6 aprile 2009

Perché rappresentare la vita di una persona vera inventandosela di sana pianta?
La vita di una persona che, essendo morta pochi decenni fa, si può conoscere con esattezza grazie a testimonianze particolareggiate, fresche e vivide?
Che senso ha inventarsi la storia di una vita che già di per sè offre mille avventure, colpi di scena, cose buffe e tenere, dolorose e drammatiche, avvenimenti cui un bravo sceneggiatore può attingere a piene mani per realizzare un film interessantissimo?
No, chi ha ruminato la banale panzana propinataci ieri sera (stasera no!) sulla vita di Bakhita, è partito dalla presunzione che la sua fantasia sia molto superiore alla storia vera di una povera santa nera.
Quid est veritas?

Trovo pleonastica questa "riscrittura" ("liberamente tratto": il 99% delle volte è un paccco!) della storia di santa Giuseppina Bakhita.
Siccome stamattina sono un po' inceppata con le parole, mi farò aiutare dalla recensione di Mymouvies:
"...Spiace soprattutto, in questo senso, la presa di distanza marcata della sceneggiatura dalla vita vera del personaggio narrato, in nome di un "romanzo" da inventare che non ha, però, i tratti della novità, né letteraria né cinematografica."
Già.
Ma c'è un altro aspetto interessante da sottolineare (sempre da Mymouvies):
"...Piace, invece l'adozione del punto di visto di Bakhita, che guarda, stranita e curiosa, alla nostra società e punta involontariamente il riflettore sulla condizione di schiavi dei contadini veneti, la cui sussistenza dipende quotidianamente dai capricci del padrone."
A me spiace anche questo. Perché non è vero che i contadini veneti erano in condizione di schiavi.
Certo, le classi sociali non corrispondevano certo a quelle di oggi, ed anche i caratteri e i comportamenti dei padroni erano certo molto diversi da quelli di oggi (padrone inteso non nell'accezione di BUANA, ma nel senso di SIUR PARUN) ma non c'era schiavitù né esplicita nè mascherata. Il modo in cui il padrone in questo film tratta i contadini è un po' ridicolo e sa di favoletta. E', invece, proprio questo l'inizio della conversione di Bakhita: acquistata (non salvata durante un attacco di predoni) da un console italiano (e non da un contadino col mal d'Africa) viene per la prima volta trattata dai suoi padroni (leggi:datori di lavoro) come una persona e non come un oggetto.
Che tristezza: continuiamo a raccontarci frottole, a crearci la nostra realtà virtuale, la nostra storia virtuale, la nostra santità virtuale, la nostra personalità virtuale, sempre più lontane dalla realtà vera, continuiamo così a farci sempre più deboli e incapaci di vivere. Perché?
Cui prodest?

Per la serie: recuperi dalla vecchia rana - La cucina di don Camillo


Ottobre 2008
La bufala
Luisa Vassallo (di Imperia), cavalcando l'onda del centenario della nascita del nostro, ha scritto un libro di ricette "tutte citate da Giovannino Guareschi".
A parte il fatto che non mi risulta che Giovannino Guareschi abbia mai citato la ricetta "Formaggio parmigiano, aceto balsamico e rucola" (ma mi sbaglierò io), ed anche diverse altre mi sembrano sospette...
A parte questo, a pagina 105 troviamo tra gli ingredienti delle lasagne la mozzarella di bufala!
Ma, dico io, scheziamo???
Signora Luisa Vassallo, si occupi di ricette di Imperia. 

Per la serie: recuperi dalla vecchia rana - Cristo o Hitler?

domenica 19 ottobre 2008

Consigli per gli acquisti
Cesare G. Zucconi
"Cristo o Hitler?
Vita del beato Franz Jagerstatter"
Il titolo è quasi irritante nella sua retoricità lapalissiana.
Eppure non è stato così per migliaia di uomini contemporanei di Franz Jagerstatter, che hanno obbedito alla follia nazista professandosi contemporaneamente cristiani.
Molto, molto interessante il personaggio, vale la pena leggere il libro per incontrare questo santo "con le palle".
Infatti, nonostante Zucconi scriva in maniera poco scorrevole e per niente narrativa (sembra più un saggio, tra l'altro poco rivisto dopo la prima stesura), il libro cita numerosissimi brani tratti dai diari e dalle lettere del beato.

Un altro libretto commovente che presenta una gigantessa dalla statura morale inversamente proporzionale a quella fisica, è "Anna Fulgida Bartolacelli - l'ammalato tabernacolo vivente", di Felice Moscone.
Un libro scandaloso, che racconta di una vita veramente scandalosa per la mentalità corrente.
La Bartolacelli, per cui si è aperta la causa di beatificazione ieri, è una modenese morta 15 anni fa a 65 anni; non si era sviluppata normalmente a causa della mancanza di calcio che le procurava un indebolimento dell’intera struttura ossea con numerose e frequenti fratture. Alta solo 60 cm e affetta da nanismo e rachitismo, visse in una piccola carrozzina. Nelle foto appare una figura quasi raccapricciante: un volto di donna in una testa dalle dimensioni normali su un corpo da bambina di 3 anni.
Nel suo testamento spirituale si legge, tra le altre cose:

“Conservate in voi la fede: in essa troverete la forza per superare le inevitabili prove della vita.
Ricordatevi che il dono della fede è grande e vi renderà contenti anche nel dolore e sappiate che esso purifica.
Abbiate un cuore grande per chi soffre più di voi (….).

E adesso per sdrammatizzare un po' vorrei presentare la collana Elf-help delle Paoline.
Io una volta diffidavo molto di questo tipo di libri, mi sembravano cose sciocche e spesso bigotte.
Vuoi che io sia maturata, vuoi che anche io sia diventata bigotta, fatto sta che ora li trovo interessanti e utili: e possono sempre servire per dire a qualcuno che lo pensi, che gli vuoi bene e che desideri rasserenarlo.
In particolare consiglio due titoli di questa collana: "La forza della preghiera" e "Sii buono con te stesso".

Per la serie: recuperi dalla vecchia rana - Perlasca

Questa serie recupera vecchi post, soprattutto recensioni di film e libri del mio sito "La rana nel fosso"
sabato 27 dicembre 2008

Io odio la tv.
Molti di coloro che mi conoscono mi deridono un po', trovando questa mia avversione un po' esagerata.
Eppure ho motivi fondati per odiarla, ma non ho tempo ora per esporli, quindi, forse, ne riparleremo.
Volendo stare in compagnia ma esigendo la visione di qualcosa di qualità, ho provato a guardare Sat 2000.
Lì ho rivisto il film Perlasca.
Lo consiglio a tutti.
Certo, è stato un po' difficile guardarlo.
Avrei preferito qualcosa di zuccheroso e sonnacchiosamente gioioso, come i film natalizi americani.
Perlasca di natalizio non ha niente. O forse ha tutto: spinge a chiedersi perché un uomo può avere una simile passione per gli altri uomini.
E così vorrei che fosse fatta una via Perlasca.
Così: via Perlasca, senza altre spiegazioni.
In modo che, se a qualcuno venisse voglia di sapere chi è Perlasca, dovrebbe fare qualche ricerchina. E scoprirebbe un tesoro.
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Per la serie: Le storie del sisso - Neve

Nell'inverno del 1994 facevo footing con la mia amica. Era molo buffo e anche un po' avvilente, scoprire che riuscivamo, mettendocela tutta, a correre per cinque minuti.
Ma quella sera c'era la neve e ci divertimmo parecchio.
Neve così, come in questi giorni, allora ne veniva spesso. Tanta. O almeno, questo è il mio ricordo.
Ci buttavamo a terra e lei ci accoglieva con un bonario tonfo nella sua compatta nitidezza.
Dopo aver giocato per un po', ci lasciammo e rientrammo per la cena.
Come sempre, a tavola, mio padre guardava il telegiornale e ci zittiva, mentre io facevo apposta a parlare per disturbarlo,perché non sopporto la tivù.
Sarò vigliacca, ma non ho mai capito come si possa ingollare una coscia di pollo guardando, bovini e indifferenti, un padre che piange perché gli hanno assassinato il figlio o altre ineffabili tragedie occorse ai nostri simili.
So di non dire niente di nuovo ma è quello che volevo dire.

L'ordalia


“…purché  tu impari una cosa, l'essenziale”
“Dimmela.”
“Amare te stesso. Non disprezzarti, non odiarti. Odio e disprezzo di sé son parto d' orgoglio che , deluso dalle proprie carenze, genera tali mostri. Sii umile, invece, e amati molto, come molto ti ha amato Dio, che fin dall'eternità si è detto con gioia: "Un giorno, poi, farò Runo e lotterò a lungo per conquistarlo". Amati Runo, come ti amo io, e guarda con dolcezza anche al male commesso.”
Resistetti, poi misi giù la testa e piansi. Era il primo pianto buono da chissà quanto tempo.
“Buona pioggia è codesta” mi disse Petro. “La semente è sotterra, ma pronta a germogliare”
Dopo un poco alzai gli occhi. Fuori, nel crepuscolo, pioveva.
“Padre, mi sembra di ritrovarmi dopo aver vagato in tanta nebbia. Vorrei vivere puro, d'ora in poi, non dir più parola d'odio, né albergare un pensiero meschino…”
“Tutto bene, ti lodo.”
“Non toccar più il maledetto corpo di una donna!”
Petro respinse le mie mani.
“Che cosa dici, pazzo?”
“Perché? Non è un intento virtuoso?”
“Quale? Insultare il vaso che Dio ha costruito per trapiantarvi la vita della sua creatura prediletta?”
“Ma è fomite di colpa…”
“Fomite di colpa!” Petro sbuffò con sarcasmo.  “Fomite di colpa è anche l'oro splendente e il vino di Noè, anzi il sole che scalda, e le stelle, se la nostra malizia li volge al male. Runo, ch'io non ti senta più insultar la donna, né l'uomo, né la pianta, né l'animale, né l'acqua e nemmeno il fulmine. Potresti forse maledire il demonio, ma è così osceno maledire, che neanche per lui te lo permetto. tu non parlarne, e basti. Ma se della tua voce vuoi farne un uso degno, benedici, benedici, non stancarti di benedire! E se dovrai lottare per la giustizia, fallo benedicendo: le lotte che rinnovano la terra sono condotte da coloro che benedicono  l'avversario. Pensa a Cristo, dolcezza nostra, e alla sua morte in croce!”

"L'ordalia" di Italo Alighiero Chiusano
pag 68 

Informazioni personali

La mia foto
Tettonica (a zolle) era il mio soprannome all'università, tanti e tanti anni fa. Me lo ero affibbiato da sola (trovavo soprannomi per tutti) ed esprime di me l'aspetto fisico (abbondante ovunque, ma soprattutto nella parte superiore). Ho rispolverato questo nomignolo perché ultimamente è aumentata la mia sensazione di vivere in precario equilibrio, o, se volete, di poggiare su una bomba ad orologeria. Che poi sarebbe il mondo in cui viviamo.