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Il mio abitacolo

domenica 5 febbraio 2012

Per la serie: Le storie del sisso - Neve

Nell'inverno del 1994 facevo footing con la mia amica. Era molo buffo e anche un po' avvilente, scoprire che riuscivamo, mettendocela tutta, a correre per cinque minuti.
Ma quella sera c'era la neve e ci divertimmo parecchio.
Neve così, come in questi giorni, allora ne veniva spesso. Tanta. O almeno, questo è il mio ricordo.
Ci buttavamo a terra e lei ci accoglieva con un bonario tonfo nella sua compatta nitidezza.
Dopo aver giocato per un po', ci lasciammo e rientrammo per la cena.
Come sempre, a tavola, mio padre guardava il telegiornale e ci zittiva, mentre io facevo apposta a parlare per disturbarlo,perché non sopporto la tivù.
Sarò vigliacca, ma non ho mai capito come si possa ingollare una coscia di pollo guardando, bovini e indifferenti, un padre che piange perché gli hanno assassinato il figlio o altre ineffabili tragedie occorse ai nostri simili.
So di non dire niente di nuovo ma è quello che volevo dire.

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Tettonica (a zolle) era il mio soprannome all'università, tanti e tanti anni fa. Me lo ero affibbiato da sola (trovavo soprannomi per tutti) ed esprime di me l'aspetto fisico (abbondante ovunque, ma soprattutto nella parte superiore). Ho rispolverato questo nomignolo perché ultimamente è aumentata la mia sensazione di vivere in precario equilibrio, o, se volete, di poggiare su una bomba ad orologeria. Che poi sarebbe il mondo in cui viviamo.